Barilla di nuovo in tribunale: class action per etichettatura ingannevole che fa pensare all’origine “italiana”.

Ancora una volta l’etichettatura della pasta “italiana” da parte di Barilla intraprende la strada della giustizia.

Il 28 maggio 2024, il presidente del giudice Donna M. Ryu del tribunale distrettuale degli Stati Uniti per il distretto settentrionale della California ha confermato Azione collettiva dei consumatori contro Barilla Foods.

L’affermazione dei consumatori è che il confezionamento e l’etichettatura della Barilla hanno indotto i consumatori a credere che si trattasse di prodotti a base di pasta Barilla Prodotto in Italia e con ingredienti italianimentre molti dei prodotti a base di pasta Barilla sono realizzati a New York o in Iowa.

Non è la prima volta negli ultimi anni che Barilla si trova ad affrontare cause legali, visto che nel 2022 una coppia ha intentato causa per gli stessi motivi negli USA trovò giustificazione e il giudice federale statunitense decise che la causa dovesse proseguire.

L’affermazione sull’etichetta contestata era “IL MARCHIO N. 1 IN ITALIA PER LA PASTA” – questo era ben visibile sulla parte anteriore della confezione, insieme ai colori verde, bianco e rosso – i colori della bandiera italiana.

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I querelanti hanno intentato causa per conto di una classe di cittadini della California ai sensi del California Unfair Competition and False Advertising Act, del Consumer Remedies Act e di richieste di risarcimento per violazione della garanzia e arricchimento/restituzione ingiusta.

Barilla ha rifiutato la certificazione per motivi di accertabilità, sostenendo che era impossibile determinare quali membri della classe fossero stati effettivamente danneggiati dal presunto inganno perché da allora l’azienda ha cambiato la confezione di 34 dei 54 prodotti in questione per rimuovere la dicitura Testify sull’etichetta.

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La corte ha respinto questa argomentazione, rilevando che in seguito alla decisione della Nona Circoscrizione nel caso Briseno v. ConAgra Foods, Inc. non richiede che una categoria sia identificabile per essere certificata. La corte ha inoltre ritenuto che l’inclusione di alcune persone che non avevano subito danni a causa della condotta dell’imputato non costituiva un ostacolo alla certificazione.

Come dimostra il caso Barilla, i tribunali distrettuali sembrano più propensi a sostenere accuse basate sulla pubblicità ingannevole relativa al paese di origine di un prodotto e dei suoi ingredienti. Quando ricerche e analisi sui premi confermano che le decisioni di prezzo e di acquisto dei consumatori potrebbero essere state influenzate dalla dichiarazione sull’etichetta, i tribunali sono sempre più propensi a procedere con l’accertamento dei fatti nel caso.

Giacinta Lettiere

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