Un secolo di marcia su Roma: il controllo fascista della storia

Roma, 27 ottobre (EFE).- L’orizzonte era nero a Roma in un giorno come quello di oggi di un secolo fa, quando migliaia di miliziani si preparavano a vessare la capitale ea cedere il potere al loro capo, Benito Mussolini. Il fascismo si è avventato sulla debole democrazia liberale, segnando per sempre con le sue fauci la storia del mondo.

La “Marcia su Roma”, iniziata il 28 ottobre 1922, aprì la pagina più buia della vertiginosa storia italiana e, cento anni dopo, è ancora ricordata come monito di un passato che non è mai del tutto scomparso, soprattutto quando finisce . formare il primo governo di estrema destra nella sua democrazia.

All’inizio degli anni ’20, l’Italia, a sessant’anni dalla riunificazione, era un Paese stremato tra il malessere della Grande Guerra e la minaccia latente di una rivoluzione sovietica.

Le lotte operaie echeggiavano nelle sue strade e la violenza fascista si radicava pericolosamente nell’olio di ricino e nelle percosse dei sindacalisti, mentre Mussolini, giornalista dal passato socialista, scaldava l’atmosfera dal suo quotidiano “Il Popolo d’Italia”.

A ROMA

Così, nel 1919, riunì gli sciacalli dell’esercito sconfitto nel suo Combat Fascios e poi nel Partito Fascista (PNF), che sarebbe cresciuto come un parassita nel fuoco dello stato indebolito.

Ma il leader fascista non vuole aspettare e finirà per scagliare le sue orde sulla sua preda: il potere. Così, in un piovoso autunno, si consumava la “Marcia su Roma”. Ci sono voluti solo quattro giorni.

Le minacce si leggono spesso nel suo diario, ma la sfida sembra più realistica che mai durante il congresso del Pnf a Napoli del 24 ottobre, preludio al disastro: “Dobbiamo prendere per la gola questa misera classe politica”, ha attaccato Mussolini.

Si riferiva soprattutto – ma non solo – a colui che regnava allora, Luigi Facta, baffuto dell’Ottocento scelto da re Vittorio Emanuele III nel bel mezzo di una tempesta politica.

Eppure il governo e buona parte della sinistra hanno sottovalutato il rischio, come si evince da un telegramma di Facta quel giorno: “Penso sia passata l’idea di marciare su Roma”, riferendosi ingenuamente a un monarca in vacanza in Toscana. foreste.

Anche il giornale comunista Antonio Gramsci ha lasciato la sua ingenuità scrivendo: “È evidente che il fascismo si sta disintegrando. Il pensatore morirà nel 1937, dopo aver conosciuto i sotterranei del regime.

Intanto la macchina sovversiva cominciava a funzionare e tre giorni dopo quattro capi – Italo Balbo, Michele Bianchi, Emilio De Vono e Cesare Maria De Vecchi – dirigevano i loro fronti verso Roma mentre il capo seguiva tutto da Milano per paura di essere arrestato.

Il 27 molte prefetture furono occupate per il permissivismo di un esercito politicizzato e il giorno successivo circa 20.000 “camicie nere” si radunarono a Perugia (centro), vicino alla capitale.

Il governo reagì tardivamente e, quando all’alba del 28 ottobre decretò lo stato d’assedio, il re rifiutò di firmarlo e, due giorni dopo, di cedere il governo a Mussolini.

El “hombre de la Providencia”, come il battesimo del Vaticano, conseguía el poder y sus secuaces desfilaban bajo el balcón del rey, come i peones de un system que crystalizaría en una dictadura de dos decadades, cuyo calendario empezaba en aquel el 28 de ottobre.

Senza saperlo, anche l’Italia si avviava verso l’abisso, verso una nuova guerra mondiale.

UN’ONDA DI ESPANSIONE

“La marcia su Roma è stato l’evento più disastroso della storia italiana e fatidico anche per la storia europea perché ha generato imitatori”, lo storico Marco Mondini, autore del libro “Roma 1922: il fascismo e la guerra mai finita” (Il Mulino).

È il caso di Adolf Hitler che, nel 1923, tentò un colpo di stato a Monaco. Questo assegno italiano “ha creato un effetto a catena che ha stimolato la volontà di dare il colpo di grazia agli Stati liberali in Europa e all’estero”, afferma.

In Italia, sottolinea, ha funzionato perché la violenza delle squadre è stata tollerata in preda al panico di fronte a un nemico interno: «L’idea era di usare il fascismo per annientare il socialismo.

L’EREDITÀ FASCISTA

In poco tempo Mussolini impose una feroce dittatura che uccise e represse il dissenso, sognava un mondo nuovo e imperiale, promulgò leggi razziali e andò in guerra contro il mondo, scavando la sua tomba finale.

La caduta del fascismo diede vita all’attuale Repubblica ma, per scherzo del destino, cento anni dopo, il Governo si trovò nelle mani dei Fratelli d’Italia, partito erede del Movimento Sociale Italiano, creato nel 1946 dall’ultimo fascisti.

Mondini ritiene tuttavia che di questa ideologia “resta ben poco”, poiché l’estrema destra non minaccia il potere con la violenza, la vera genetica del fascismo, sebbene sopravviva un “patrimonio simbolico e morale”. Ma nessuno può dubitare della solidità della democrazia italiana, aggiunge.

Il destino si è riservato un altro sfizio all’inizio dell’attuale legislatura, quando la presidenza del Senato è stata assicurata per un giorno da Liliana Segre, ebrea vittima delle leggi razziali e sopravvissuta ad Auschwitz. Era l’altra faccia di una storia tragica che nessuno ha ancora dimenticato, per il bene delle generazioni future.

Gonzalo Sanchez

Drina Piccio

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