ROMA – L’ex primo ministro italiano Giuliano Amato afferma che la Francia ha erroneamente abbattuto un aereo di linea italiano nel Mediterraneo nel 1980 mentre cercava di uccidere l’allora leader libico Muammar Gheddafi.
In questo incidente morirono 81 persone, tra cui 13 bambini.
Amato, negando che non ci siano prove concrete in merito, ha anche detto che l’Italia aveva segnalato a Gheddafi quanto stava accadendo, motivo per cui questi non è nemmeno salito sull’aereo militare, riferisce l’Ansa.
“C’era un piano per prendere di mira l’aereo su cui viaggiava Gheddafi, ma lui è sfuggito alla trappola perché era stato avvertito da Bettino Craxi”, ha detto Amato, riferendosi al defunto leader del Partito socialista italiano ed ex primo ministro di questo paese.
A quel tempo Gheddafi stava tornando da una conferenza in Jugoslavia e l’esercito francese colpì accidentalmente un aereo civile.
“Ora l’Eliseo può lavare via la vergogna che tormenta la coscienza parigina”, ha detto Amato.
La sera in cui l’aereo fu abbattuto, le immagini radar mostrarono un aumento dell’attività degli aerei nel cielo e, secondo Amat, la versione più credibile è che responsabili fossero gli aerei francesi, che il 27 giugno 1980, insieme agli americani, parteciparono ad azioni militari. esercizi.
All’epoca, la NATO stava pianificando una “simulazione di un’esercitazione con molti aerei in cui sarebbero stati lanciati missili” e Gheddafi era l’obiettivo, ha detto Amato.
Giuliano Amato, oggi 85enne, racconta che nel 2000, quando era primo ministro, scrisse agli allora presidenti di Usa e Francia Bill Clinton e Jacques Chirac chiedendo loro di chiarire cosa fosse successo, ma loro non gli risposero.
Il presidente del Consiglio Giorgio Meloni ha chiesto ad Amat di presentare tutte le prove in suo possesso, ma ha sottolineato che le sue dichiarazioni sono frutto di conclusioni personali.
Il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani ha detto che Amato ha presentato “la sua versione” di quanto accaduto, aggiungendo che spetta alla giustizia accertare la verità, riferisce Tanjug.
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