Sam Cane è in lizza da quando è stato nominato capitano degli All Blacks nel 2020 e potrebbe essere l’uomo che porterà la Nuova Zelanda al quarto titolo dopo essersi qualificata nella finale della Coppa del Mondo 2023 contro l’Argentina (44-6), venerdì allo Stade. de Francia.
Una sorta di vendetta per il 31enne Cane, annunciato molto presto come successore del gigante Richie McCaw, ma che alla fine ha trascorso gran parte della sua carriera all’ombra della leggenda nera.
“È un ragazzo che ha lasciato un segno mentale nel suo ruolo di capitano”, ha detto all’AFP l’ex esterno Olivier Magne, presente allo Stade de France come consigliere per RTL. “È diventato davvero un capitano perché era così resistente.”
Contro i Pumas Cane, come i suoi compagni, non è stato particolarmente bravo e si è dedicato ai compiti difensivi senza strafare. I suoi 15 contrasti riusciti, nessuno dei quali mancato, e le due palle raschiate nelle ruck sono stati meno visibili dei sette tentativi dei suoi compagni di squadra, ma non per questo meno importanti. Infatti, con una tale differenza di livello tra le due squadre, non aveva bisogno di mettere pressione al suo talento.
“Comunque non è un giocatore brillante, nel senso che non è quello che accende una partita. “Cane è più interessato al lavoro e non si arrende mai”, ha continuato Magne.
Allo Stade de France, i Blacks si sono affidati a Cane per rimanere privo di errori nelle fasi offensive fino all’eliminazione al 66′.
Le palle non erano lontane dai suoi amici della terza fila, Ardie Savea, il miglior neozelandese dall’inizio della competizione, che si è distinto per i suoi ganci, e Shannon Frizell, autore di due contromete contro l’Argentina, che ha preso approfittando, anzi sfruttando la sua forza bruta.
Inizio frustrante del torneo
Ma il capitano degli All Black è senza dubbio colui che meglio simboleggia la rinascita della Nuova Zelanda, arrivata in finale di Coppa del Mondo per la quinta volta nella sua storia, ma su cui nessuno aveva davvero scommesso all’inizio del torneo.
Dopo un colpo alla schiena, Cane ha dovuto rinunciare alla sconfitta nella partita d’esordio contro la Francia (27:13) e poi allo svantaggio contro la Namibia (71:3) prima di tornare in vantaggio nella fase a gironi contro l’Italia (96: 17). È stato in piena azione nei quarti di finale contro l’Irlanda (28-24) e ha realizzato la sua miglior partita con la maglia nera.
Insomma, nel momento migliore, perché, bisogna ammetterlo, c’era molto da dimostrare.
Durante la vittoriosa tournée di quegli irlandesi in Nuova Zelanda nel 2022, Peter O’Mahony, il suo omologo, lo aveva brutalmente rimproverato in campo, dicendogli in totale imbarazzo: “Sei solo ‘un fottuto McCaw’.” espressione fiorita nel linguaggio di Shakespeare).
Da quel momento in poi le cose andarono di male in peggio per Cane, che nel suo paese veniva accusato degli scarsi risultati della squadra e la cui stampa, molto feroce contro di lui, ne chiedeva il licenziamento.
“Ma ha perseverato”, conclude Magne. “Assomiglia molto a questa squadra degli All Blacks, che è lungi dall’essere la più brillante della storia ma è presente in finale.”
E la Nuova Zelanda sogna di diventare la prima nazione a vincere quattro titoli. Sarebbe Cane, simbolo della sua resilienza, a vincere la Webb Ellis Cup. Come David Kirk nel 1987 e soprattutto come Richie McCaw nel 2011 e nel 2015.
McCaw, al quale avrebbe potuto benissimo succedere, è stato sicuramente forse inferiore a lui nell’élite degli All Blacks, ma allo stesso tempo ha dimostrato di essere all’altezza del ruolo affidatogli.
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