Luigi Riva, addio a un simbolo del calcio italiano e della Sardegna

SCOMPARIRE – Il miglior marcatore della storia della Nazionale non lo è più. Lascia grande dolore e considerazione a Cagliari e in tutta la penisola.

Ciao Gigi. Il figlio della SardegnaLa prima pagina intera del quotidiano locale Unione Sarda La giornata di oggi è dedicata alla persona che lunedì non ha resistito ad un altro infarto, mentre i medici sembravano piuttosto ottimisti e pensavano di sottoporsi ad un’operazione nei prossimi giorni.

Per tredici anni (1963-1976), Luigi Riva riuscì a far rabbrividire e urlare tutti, a seconda dei suoi successi. tifoso da Cagliari. Capitale e club di punta di un’isola che ricordiamo con particolare orgoglio scudetto Il campione d’Italia divenne uno dei pochi non vinti da una squadra del trio Roma-Torino-Milan nella stagione 1969-1970 grazie al suo talentuoso attaccante, che segnò 21 gol in 30 partite. “Gigi”, cioè. Sicuramente un modo affettuoso per dare un soprannome a un calciatore, ma soprattutto a un uomo a cui i sardi sono molto legati… È vero anche il contrario.

La prima pagina del quotidiano di martedì 23 gennaio Unione Sarda.
Unione Sarda/FACEBOOK

Riva le Lombard, nato da una famiglia modesta nel novembre del 1944, perde il padre all’età di 9 anni dopo un grave incidente in fabbrica e la madre a 18 anni dopo una lunga malattia. Destino torturato. Nel 1963 fece dell’isola la sua casa adottiva e, all’età di 19 anni, arrivò al Cagliari, poi in Serie B, con una sola stagione professionistica al suo attivo, al Legnano, segnando il record di 6 gol in 23 partite. Sarà l’unico in tutta la sua carriera fuori dalla Sardegna.

Lì, però, Riva e compagni si sentono discriminati. Come estranei al proprio dominio. “In tutta Italia eravamo chiamati pecore e banditi. Questo mi ha fatto arrabbiare. I banditi erano banditi per fame, perché c’era una tale crisi in quel periodo… Ma Cagliari era una per tutti, tutti per uno, ha detto nei commenti postati dal club su Instagram. Sarebbe stato un errore andarsene. Non ho mai avuto il minimo dubbio. E non me ne sono mai pentito.”

Un “poeta realista” secondo Pasolini

Nemmeno la grande Juventus Torino, guidata dalla potente famiglia Agnelli, riuscì a convincerlo ad andarsene. Né i due club milanesi AC e Inter, che si rimprovereranno di aver mancato il fenomeno nella loro regione. Un bel affronto al Nord: “la sua freddezza e i suoi soldi», di cui godono ancora oggi la redazione e i tifosi del Cagliari.

I punti di forza tecnici di Riva? La sua compostezza sotto porta, il suo gioco aereo e la sua eccezionale potenza di colpire, soprattutto sui calci di punizione. Ma solo da sinistra. “Il suo piede destro serve solo per salire sul tram.“, ha scherzato il suo allenatore Manlio Scopigno alias “lui filosofo“. Miglior marcatore in lime Nel 1967, 1969 e 1970 Riva vive poi un grande romanticismo club… Ma non solo. È nella selezione italiana che “Rombo di Tuono» (Fulmine), il suo soprannome per tutta la vita, scrive la sua leggenda.

Nel 1968, con questa maglia, segnò il più importante dei suoi 35 gol in 42 partite internazionali azzurroaprendo le marcature nella finale degli Europei allo Stadio Olimpico di Roma contro la Jugoslavia (2-0). Sì sì: 35 gol in 42 partite internazionali. Non c’è errore nei numeri. Un vero risultato nell’era ultra-difensiva del Catenaccio trionfalmente. Nel 1970, ai leggendari Mondiali messicani, Riva fu uno dei protagonisti di quella che alcuni chiamano la “partita del secolo”: vinse la semifinale 4-3 contro la Germania, segnando un gol in un folle tempo supplementare. L’Italia vince, ma perde in finale contro il Brasile di Pelé (4:1). Il sogno di vincere il mondiale è andato in frantumi…

Proprio come la vittoria del Pallone d’Oro: Riva arrivò terzo nello stesso anno dietro al tedesco Gerd Müller e all’inglese Bobby Moore, dopo essere già arrivato secondo nel 1969 quando vide vincere il connazionale Gianni Rivera. Ma cosa importa alla fine? L’eredità di Riva trascende ogni aspetto materiale. Il famoso scrittore e regista Pier Paolo Pasolini lo usò per dipingere il ritratto di un “poeta realistico”.

Può esserci il calcio come linguaggio fondamentalmente prosaico e il calcio come linguaggio fondamentalmente poetico. Riva appartiene a questa seconda categoria

Lo scrittore e regista Pier Paolo Pasolini

Il calcio ha dei sottocodici dal momento in cui viene espresso, essendo puramente strumentalispiegò in un testo pubblicato il 3 gennaio 1971. Può esserci il calcio come linguaggio fondamentalmente prosaico e il calcio come linguaggio fondamentalmente poetico. Riva appartiene a questa seconda categoria.”

Nel 1976, a soli 31 anni, il leggianese dovette rinunciare ai ramponi, indeboliti dagli infortuni. Tuttavia continuò a vivere a Cagliari e fondò una scuola calcio a suo nome, dalla quale emerse, tra gli altri, negli anni 2000 un certo Nicolò Barella. Dopo un breve mandato come presidente del Cagliari, Riva entra a far parte della dirigenza Nazionale. Fedele tra i credenti. Innamorato del suo Paese e di una Sardegna che non lo lascerà mai. E non lo lascerà mai.

Piange la testa del Moro, simbolo dell’isola, come la Corsica. Le bandiere sono a mezz’asta. “Grazie per ricordarci ogni giorno quanto sia bello essere sardi. Lo hai fatto attraverso i tuoi gesti, attraverso le tue decisioni, attraverso i tuoi silenzi, scrive l’account ufficiale del Cagliari Calcio su Instagram. Con i tuoi meravigliosi ed indimenticabili gol. È la notte più lunga della nostra storia.”

Casimiro Napolitani

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