Il Regno Unito, la Francia, la Germania, l’Italia, l’Egitto, il Belgio o i Paesi Bassi iniziano le operazioni sul campo per portare i propri cittadini sulle tracce degli Stati Uniti e dell’Arabia Saudita
Una decina di Paesi e organizzazioni internazionali hanno avviato in queste ore operazioni sul campo per far uscire i propri cittadini dalla capitale sudanese, Khartoum, precipitata in una spirale di violenza a causa dei combattimenti iniziati una settimana fa tra l’esercito sudanese e il gruppo paramilitare Rapid Support Forze (RSF).
Regno Unito, Francia, Germania, Italia, Egitto, Belgio o Paesi Bassi hanno annunciato l’avvio dei rispettivi processi di evacuazione, a volte individuali, a volte concertati, dopo le operazioni effettuate in queste ultime ore da Arabia Saudita e Stati Uniti, sia per aereo Sudan-Gibuti o via terra, attraversando in convogli i circa 600 chilometri che separano la capitale dalla città costiera di Port Sudan.
Le navi da trasporto giordane sono già sulle coste del Paese per completare il processo di evacuazione dei suoi 300 connazionali annunciato ieri dalle autorità, mentre il ministero degli Esteri egiziano ha confermato anche l’evacuazione via terra di 436 cittadini.
Ad esempio, sei diplomatici canadesi facevano parte del gruppo evacuato questa mattina dalle forze speciali statunitensi da Khartoum, hanno riferito al New York Times fonti vicine all’operazione, mentre il governo del Canada ha annunciato il trasferimento di funzionari dell’ambasciata in “un luogo sicuro fuori dal Paese. »
Il governo francese non si è ancora pronunciato su quello che potrebbe essere l’incidente più grave durante le prime ore dell’evacuazione: un presunto attacco dell’esercito sudanese denunciato dalle Rsf che avrebbe ferito un cittadino francese, hanno detto a Le Monde fonti vicine all’operazione. .
Una delle evacuazioni più importanti è stata quella guidata dal Regno Unito, che ha effettuato un’operazione che ha coinvolto più di 1.200 militari in coordinamento con Stati Uniti, Francia e altri alleati. Il ministero della Difesa tedesco ha inoltre assicurato che “per quanto possibile, la missione evacuerà anche cittadini europei e di altre nazionalità”.
Allo stesso modo, e secondo fonti ‘NYT’, un lungo convoglio delle Nazioni Unite ha iniziato nelle scorse ore il viaggio dalla capitale alla città di Port Sudan. Il convoglio, composto da decine di autobus e furgoni con personale dell’Onu e gruppi umanitari internazionali, ha iniziato il viaggio di oltre 600 chilometri tra le due città.
L’Unione europea ha anche annunciato questa domenica l’inizio dell’evacuazione della sua delegazione in Sudan, come indicato dall’alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell. “Sono sollevato nel dire che la delegazione dell’Unione europea in Sudan è stata evacuata in sicurezza”, ha annunciato il capo della diplomazia europea.
Un caso particolare è stato quello dell’evacuazione degli italiani, annunciata dalle stesse forze paramilitari sul proprio account Twitter. “Domenica sera le Forze di Supporto Rapido sono riuscite a evacuare da Khartoum 41 cittadini italiani e personale dell’ambasciata. La missione è stata svolta con la massima professionalità ed efficienza, garantendo sicurezza e protezione”, hanno riferito i funzionari paramilitari.
In successive dichiarazioni raccolte da ‘La Stampa’, il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani si è limitato a confermare l’evacuazione in corso di “tutti i cittadini italiani che hanno chiesto di lasciare il Sudan” ea prevedere il loro rientro nel proprio Paese. Lunedi.
Anche paesi come la Grecia, l’India o la Corea del Sud stanno ultimando i preparativi. L’Irlanda, nelle ultime ore, ha approvato il dispiegamento di una missione del suo Emergency Civil Assistance Team (ECAT) che arriverà oggi a Gibuti.
Sempre nelle ultime ore il governo cinese ha annunciato che sta valutando l’evacuazione dei propri cittadini in Sudan, con l’apertura di una pagina web per i connazionali che desiderano lasciare il Paese per registrarsi, anche se per il momento non è così proponendo apertamente un’operazione mineraria.
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