Gian Paolo Barbieri, il fotografo che ha cambiato la moda italiana

Roma, 29 novembre (EFE).- Gian Paolo Barbieri può vantare di avere una delle carriere più versatili del XX secolo, poiché oltre a fotografare celebrità come Audrey Hepburn e Sophia Loren, è stato il creatore, con lo stilista Valentino , del prêt-à-porter italiano e le doppie copertine di Vogue.

“In effetti, non ho mai considerato di essere un fotografo” o “che le mie foto potessero piacere, ma amavo la fotografia e ho continuato senza pensare al futuro”, spiega questo prestigioso artista in un’intervista all’EFE in cui, all’età di 84 anni, ripercorre i suoi oltre sei decenni di carriera professionale sin dai suoi inizi sviluppando negativi nel bagno di un hotel.

I successi di questo pioniere della fotografia di moda sono onorati nella mostra che si apre oggi a Milano dal titolo “Gian Paolo Babieri: non convenzionale” e nel film sulla sua vita, “L’uomo e la bellezza”, che arriverà in Spagna da 23 gennaio. .

DALLA SOFFITTA ALLA STELLA

Dopo una breve parentesi teatrale e cinematografica, Barbieri (Milano, 1938) inizia come assistente a Parigi di Tom Kublin, il famoso fotografo di Harpeer’s Bazaar, ma la prematura scomparsa dell’artista ungherese interrompe i suoi promettenti esordi.

A 26 anni, però, apre il suo studio in “una squallida mansarda” dove aggiusta una targa di ottone per renderlo più professionale: “Ci sono state tante volte in cui avrei voluto smettere, avrei preferito avere un lavoro stabile”. , spiega di questo periodo, in cui fotografava solo donne dell’alta società.

Nonostante tutto, Barbieri ha raggiunto l’apice della fotografia, catturando volti come quelli di Hepburn, Loren, Sharon Stone o Monica Bellucci e segnando il traguardo di diventare il primo fotografo di moda, insieme a Gianni Penati, a lavorare per la neonata Vogue Italia.

KUBLIN, VALENTINO E VANGELIS

“L’esperienza con Tom Kublin ha indubbiamente segnato il mio percorso”, spiega Barbieri a proposito del suo mentore, ricordando Valentino, un’altra delle figure che hanno segnato la sua carriera e che considera “uno dei migliori designer che siano mai vissuti”.

“Abbiamo creato il prêt-à-porter italiano con lo stilista Walter Albini e insieme abbiamo inventato le doppie copertine di Vogue Italia. Insieme abbiamo raggiunto traguardi importanti nella storia della moda italiana”, afferma.

Con oltre un milione di immagini alle spalle, Barbieri ha ben chiaro il suo ricordo preferito: la colonna sonora ispirata e per le sue immagini, donatagli dal compositore premio Oscar Vangelis per Blade Runner.

Secondo Barbieri, dopo aver visto le sue fotografie, Vangelis ha insistito per creare la musica per accompagnare l’edizione limitata del suo libro “Silent Portraits” con 600 dischi, che lo stesso compositore ha restituito come “omaggio” al fotografo.

IL “BELLO” VENEZUELA

Barbieri è quel tipo di fotografo ambivalente che cambia facilmente studio per tutti i tipi di contesti geografici, come ha dimostrato con sessioni uniche in Polinesia, Madagascar, Seychelles o Tahiti.

“Fuera del estudio, en ambientes naturales o en la calle, estaba en constant diálogo con los esperados del lugar”, spiega, al recordar su trabajo en el trópico venezolano con la modelo local Laura Álvarez, “uno de las más hermosos” de his vita.

Grazie a ambientazioni come l’arcipelago di Los Roques, Margarita, Canaima, Maracaibo o Coro, Barbieri ha messo in cartina geografica il Venezuela nel 1976 con il servizio di Vogue Italia in cui il Paese è stato mostrato per la prima volta.

“Due anni dopo, siamo tornati per fare un altro reportage, “Pieles”. Devo dire che mi ha divertito molto perché questa volta, più della prima, volevo rendere il lavoro il più immersivo possibile con la fauna e la flora venezuelana e Laura è sempre stata la complice perfetta”, sottolinea.

DALLA SETTIMA ARTE ALLA FOTOGRAFIA

“Il cinema, come l’arte e la letteratura, gioca un ruolo fondamentale nel mio lavoro”, spiega il fotografo, che in gioventù ha avuto ruoli secondari, come in “Medea” di Luchino Visconti, e che ha sempre cercato di dare alla fotografia “questo dinamismo così caratteristico del cinema”.

Poiché la sua aspirazione iniziale era quella di diventare un attore, ha esordito nel mondo delle immagini sperimentando con la luce e cercando di imitare ciò che vedeva al cinema e in teatro: “Le mie foto hanno sempre voluto raccontare qualcosa che passava; proprio come a teatro o al cinema, tutto nasce da un conflitto che è insieme interno ed esterno, così accade nelle mie fotografie”.

E a proposito dell’evoluzione tecnologica, Barbieri non nasconde una certa apprensione di fronte a un mondo che “guarda soprattutto al profilo commerciale” rispetto a “un passato che concepiva la figura del fotografo come quella di un artista integrale”.

“Le fotografie ora sono così pulite che perdono la loro autenticità”, conclude.

Naia Pecina

Drina Piccio

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