La forza della bellezza ovvero la storia culturale dell’Italia – Società

Dalla tradizionale e secolare rivalità di città, principi e papi per le opere d’arte più perfette, sono nati in Italia capolavori dell’umanità, esempio unico della molteplicità della forza dell’innovazione.

Volker Renart, nel suo libro The Power of Beauty: A Cultural History of Italy (CH Beck, Monaco di Baviera, 2019), osserva e descrive analiticamente la millenaria storia culturale dell’Italia e ci permette di comprendere quella che viene chiamata senza equivoci Italianità , con un’irresistibile forza di attrazione che caratterizza molti artisti volontari e le loro opere d’epoca. Eredità dell’antichità, influssi arabi in Sicilia, sigillo bizantino a Venezia, imperatori e re tedeschi, spagnoli e francesi: l’Italia è un grandioso composito, formato tanto da influenze esterne quanto dalla sua diversità interna. Renart, professore di storiografia all’Università di Friburgo in Svizzera, che da decenni si occupa di storia d’Italia, evidenzia in questa titanica sintesi come, a partire dall’XI secolo, da tutti questi fattori eterogenei si sia sviluppata una sola cultura che è sia italiani che quelli non italiani, intesi come italiani. L’autore mostra vividamente immagini, edifici, giardini, poesie, opere e film, teorici dello stato e delle scienze naturali, cultura culinaria e design e segue lunghe linee di sviluppo: dai baroni siciliani alla mafia, dal Rinascimento al movimento risorgimentale. , dai parenti e dal popolare Boccaccio alla gente semplice di Fellini. La cultura italiana si è sviluppata attraverso crisi e disastri, e il suo DNA è costituito da una forza vitale ottimista, da un tipo speciale di gioia di vivere. Questo libro invita sicuramente a scoprire questo potere incantevole della bellezza e a lasciarsi affascinare da esso.

Quando è stata fondata l’Italia? Nel marzo 1861 a Torino, quando cadde il regno? O con il Risorgimento, quando nel 1796 si formarono gruppi patriottici sotto l’influenza della Repubblica francese? O nel XIV secolo, quando una classe elitaria sviluppò la costruzione dell’italianità, e alla cui testa si trovava Francesco Petrarca? O addirittura nell’Antichità, quando la storia nazionale, incontestabile nella coscienza collettiva degli italiani di oggi, raggiunse il suo apice? La questione è di fondamentale importanza per la titanica impresa di Volker Renart nel campo della storia culturale italiana. Questo specialista della questione rinascimentale si richiama al principio di vita dello storico Francesco Giucardini (1483-1540), che formulò il principio di italianità come impulso agonico di competizione produttiva tra città e castelli principeschi, passato dalla frammentazione territoriale alla una forma singolare. diversità culturale. Renart presenta la storia di questo varietà in episodi sugli archi di una storia millenaria. Questa cultura italiana inizia in Sicilia, con la Cappella Palatina, il palazzo dei Normanni a Palermo. Il suo costruttore (1095-1154) cerca di superare la Sainte-Chapelle e di sfidare il Papa, il che non è altro che una dimostrazione del conflitto tra Oriente e Occidente e tra i diversi gruppi etnici e religiosi della penisola. Era il periodo florido dell’era multiculturale e multilingue di Federico II Stauffer (1194-1250).

La magnifica piazza con la cattedrale, il battistero, il campanile e il cimitero di Pisa; la creazione della prima università a Bologna nel 1088, dove si studiò e rinnovò il diritto romano, e nel 1245 iniziò la costruzione della cattedrale gotica di Santa Maria Novella a Firenze come contraltare a quella rivale di Pisa, che poi la supererà. Il Palazzo Ducale di Venezia come invito ai cittadini a costruire un baluardo di libertà basato sulla comunicazione e sul consenso. Renart si concentra qui sulla costruzione di edifici e sulla pittura di opere d’arte, spiegandone il contesto storico e analizzandone lo spirito rappresentativo nel suo tempo. Analizza così l’affresco del pittore Domenico di Michelino nella sua casa fiorentina (1465), Dante Alighieri (1265-1321) con la Divina Commedia e denuncia l’ingiustizia commessa dall’esilio del poeta condannato e l’emergere di politiche politiche . idiosincrasie. L’autore mostra nell’affresco della Basilica Lateranense di Bonifacio VIII come l’economia romana trasse beneficio dall’Anno Santo 1300, quando fedeli da tutto il mondo visitarono la Città Eterna. Ciò che il bonum commune nella città-repubblica pone soprattutto, i suoi metodi e meccanismi politici, le sue virtù e le sue sconfessioni, viene spiegato dall’autore utilizzando l’esempio dell’affresco di Ambrogio Lorenzetti (1339) al Palazzo Pubblico in His. In questo modo gli esempi si susseguono e si completano e si chiariscono a vicenda.

Il giovane Donatello proclama il Rinascimento. Il suo David (1408/09), scolpito per la casa (duomo), sarà esposto nella Sala dei Signori, luogo politicamente importante di Firenze, dalla parte opposta di Milano – come Golia. Renart mette in discussione il rapporto tra arte e potere seguendo l’esempio della famiglia Medici, che fece della repubblica la cosa nostra di questa onnipotente famiglia. Il re Alfonso d’Aragona, che marciò verso Napoli nel 1443, mise alla prova in modo esemplare l’italianità: “Una cosa di vita personale” alla quale appartengono “il controllo delle emozioni, la razionalità, la padronanza delle lingue, la dignità dell’esecuzione, la estetica della vita quotidiana. vita, rispetto dell’arte e della scienza”. Si tratta di un portale trionfale che Alfonso pose tra le due torri di Castelnuovo.

Una serie di 69 capitoli di questo libro forma un mosaico colorato che evoca la potenza navale di Genova, che, insieme a Pisa e Venezia, è descritta con tratti brevi. Con le ville del Palladio in Veneto e le residenze barocche sul Tevere, la musica religiosa di Palestrina e i madrigali di Gesualdo, i cicli pittorici di Tintoretto alla Scuola di San Rocco e la scoperta dell’opera di Monteverdi a Venezia, con la teoria di Machiavelli dello Stato e Lo Stato del Sole di Campanella. La disgregazione settecentesca con i castelli di Torino o gli esperimenti acustici di Vivaldi e le avventure di Casanova a Venezia. Le scoperte di Ercolano e Pompei stimolarono la fantasia, gli artisti cercarono commissioni da Nostra e mentre Tiepolo trionfava a Würzburg, Carlo VII elaborò un progetto per costruire la sua Versailles a Caserta. Alessandro Manzoni lasciò Milano per Firenze nel 1827, per purificare il suo linguaggio dal lombardismo. Lo stile toscano della fidanzata diventerà un modello di unità politica. Giuseppe Verdi diventerà una figura significativa della cultura italiana dell’Ottocento, anche se il ruolo di eroe dell’unità gli verrà attribuito solo a posteriori.

La pittura metafisica di De Chirico e il manifesto futurista di Marinetti, ma anche la sede della Fiat al Lingotto (Torino), e l’architettura fascista tra neoclassicismo e modernità, neorealismo e moda Made in Milan: nel Novecento il concetto di cultura è in espansione e il calcio è uno di questi. I viaggi di studio in Italia terminano in Sicilia, dove iniziano. La cronologia verrà invertita, perché il film di Fellini La dolce vita (1960) apparirà dopo il romanzo di Tomasi di Lampedusa – Il Gattopardo (Il Gattopardo, postumo 1958).

Renart non cita il famoso detto di Goethe, ma sarà confermato: “L’Italia senza la Sicilia non crea immagine nell’anima, perché qui è la chiave di tutto”.

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Arduino Genovese

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