La band italiana è all’altezza delle aspettative create dopo il successo in Eurovision con un album straziante e un po’ oberato di lavoro in cui danno nuova e disperata vita ai cliché rock.
‘Per correre!’
Maneskin
musica Sony
Roccia
★★★
La cosa sorprendente non è che Måneskin abbia collezionato dodici punti Eurovision (nel 2021), ma che la sua fama non sia diminuita drasticamente da allora, seguendo il destino di tanti altri vincitori di festival nella sua era moderna. Chi si ricorda chi è uscito vittorioso nelle ultime edizioni?
Qualcosa avrà questo gruppo di Roma affinché, passato il suo ‘slancio’, mantieni l’attrazione e moltiplicalaandare d’accordo con gli Stones e Iggy Pop, e prepararsi ad offrire, in una città come Barcellona, una doppietta spettacolare concerti (Palau Sant Jordi, pieno, e Primavera Sound). E tutto questo, mentre le campane suonano per la sua presunta morte per colpa del rock. È in questo folle contesto che si evolve Måneskin, un gruppo che fattura, appunto, rock per chi non ha vissuto la sua età dell’oro, e che gestisce i suoi cliché più fantasiosi come se fossero moderni pop commerciali. Questa attenzione agli hook, alla produzione nitida e alla brevità della composizione: otto delle 17 canzoni in poi ‘Rush!’, il loro terzo albumNon durano nemmeno tre minuti.
Accumulo di bavaglio
È un canzoniere schiacciantedove l’inglese sostituisce per lo più l’italiano, e in cui i Måneskin cercano di irrigidirci con ogni verso e melodia, trasmettendo una certa eccitazione. Il gruppo è affiancato da produttori che di “mainstream” sanno tutto, come Rami Yacoub e Max Martin (quest’ultimo ha esordito nel glam-funk-metal con la band svedese It’s Alive negli anni ’90), e tutto questo è arrivato fuori lavoro veloce Il cui rischio è finire per esaurirti con il loro accumulo di gag destinate ad attirare la tua attenzione.
Måneskin si muove tra il hard rock disimballato (con chitarra ospite di Tommaso Morello, da Rage Against the Machine, in ‘Gossip’) e la cadenza glam di ‘Read your diary’, l’accenno di oscurità metallica di ‘Gasoline’ e il trotto tagliente ‘funky’ con spigoli nervosi à la Franz Ferdinand di ‘Baby m ‘disse’. Una certa insistenza sul ritornello ossessivo, diventato un tratto distintivo del gruppo, da ‘Don’t Wanna Sleep’ a ‘Bla bla bla’. In questo, il cantante, davide damiano, diventa (anche) un po’ più figo del solito: “Hai detto che ero brutto e la mia band faceva schifo / Ma ho una canzone con un miliardo di stream / Baciami il culo!”. È rock’n’roll, ascolta attentamente.
E i Måneskin riescono a concludere un album di chitarre, basso e batteria per un momento in cui c’è spazio per il trionfo dell’imprevedibile. Fa un piccolo clic nella sezione delle ballate (tirando interessato) e ti lascia in cima spostando i primi tre “singoli” dell’album in fondo alla “tracklist”. E dopo tutto, se da adulto arrivi a vedere questo come un esempio di rock inghiottito dal sistema, potrebbe essere perché sei stato un po’ sprovveduto per 40 anni.
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