Milan Stojadinović e l’Italia: tra diplomazia e propaganda (2): Mussolini promise l’amicizia alla Jugoslavia

Mentre si preparava alla guerra in Africa, la politica italiana nei confronti degli altri paesi, compresa la Jugoslavia, doveva essere di pacificazione, almeno fino alla fine della guerra. Così, nel 1935, l’Italia intraprese diverse iniziative volte ad un accordo tra i due paesi. Pochi mesi prima della formazione del governo di Milan Stojadinović, la diplomazia italiana si era dichiarata pronta ad avviare i negoziati. Il nuovo deputato di Belgrado, Guido Viola, consegnando le credenziali, ha portato con sé la dichiarazione di Benito Mussolini in cui si afferma che l’Italia “nutre nei confronti della Jugoslavia sentimenti esclusivamente amichevoli e non intende ostacolarne lo sviluppo e l’integrità territoriale , ma, al contrario, vuole sfruttare tutte le possibilità esistenti per raggiungere una cooperazione e una comprensione reale e amichevole a livello politico ed economico. Poco dopo, all’inizio di aprile, Viola rilasciò un’intervista alla “Pravda” di Belgrado sotto il titolo “Il signor Mussolini è determinato a creare una forte amicizia e cooperazione con la Jugoslavia”. Viola esprime l’ammirazione di Mussolini per la capacità lavorativa del popolo jugoslavo e soprattutto per il soldato che considera “uno dei migliori”. Nell’articolo si afferma che si vuole un “accordo permanente” e che l’Italia si oppone al “revisionismo violento”.

Anche il principe Pavle Karađorđević voleva un accordo con l’Italia. Il giorno dopo il funerale di re Alessandro, disse all’allora deputato italiano Carlo Galli che era disposto a continuare le trattative che suo cugino e Mussolini avevano avuto tramite un intermediario.

Sembrava che Mussolini volesse davvero un accordo. L’allora primo ministro Bogoljub Jevtić ha avuto diversi colloqui con Viola per negoziati diretti tra i due governi. Durante questi negoziati Jevtić avrebbe affermato che l’accordo con l’Italia avrebbe liberato la Jugoslavia dalle alleanze a cui apparteneva e che avrebbe potuto agire in modo completamente indipendente da esse. A fine giugno sarebbe stato organizzato a Venezia un incontro con il segretario del Ministero degli Affari Esteri italiano Fulvio Suvič, ma ciò non ha avuto luogo perché Jevtic è stato costretto a dimettersi.

Anche il principe Pavle Karađorđević voleva un accordo con l’Italia. Il giorno dopo il funerale di re Alessandro, disse all’allora deputato italiano Carlo Galli che era disposto a continuare le trattative che suo cugino e Mussolini avevano avuto tramite un intermediario. A proposito, Gali una volta espresse l’opinione che la precedente politica di Mussolini non aveva distrutto la Jugoslavia, ma l’aveva spinta tra le braccia di Hitler.

Le informazioni italiane sul nuovo primo ministro e ministro degli Esteri jugoslavo, Stojadinović, provengono da diverse fonti. Oltre a Belgrado si trattava soprattutto di fonti diplomatiche provenienti da Budapest, Sofia, Atene, Bucarest e Ankara. Parlando della situazione in Jugoslavia, il ministro degli Esteri austriaco Egon Berger ha dichiarato al deputato italiano a Vienna che il primo ministro Jevtic e il generale Petar Živković sono “francofili”, il che contraddice la posizione del ministro delle Finanze, che è “profondamente germanofilo”. Berger conclude che bisogna fare tutto il possibile affinché egli “prenda il più presto possibile il posto di Jevtić”. Il nome di Stojadinović non è stato menzionato espressamente, ma la menzione del ministro delle finanze Jevtić rende chiaro di chi si tratta.

Una convinzione simile riguardo al germanofilismo di Stojadinović è stata espressa dal deputato austriaco a Belgrado, Heinrich Schmidt, in una conversazione con la collega italiana Viola. La stessa notizia è arrivata da Berlino poco dopo, nel corso di un colloquio tra l’ambasciatore italiano a Berlino, Vito Cerutti, e il collega francese François-Ponce. La germanofilia di Stojadinović venne sottolineata questa volta dalla parte francese “sulla base delle notizie provenienti da Parigi”, con l’opinione che l’Anschluss sarebbe stato più facile da accettare in Jugoslavia che in Austria, che sarebbe stata vassalla dell’Italia. Così, da diverse fonti, gli italiani potevano avere l’impressione, a metà del 1935, che Stojadinović avesse simpatia per la Germania.

Quando si verificò la crisi del governo Jevtic, gli italiani a Belgrado non avevano informazioni molto precise sul suo esito. Il deputato Viola ha indicato che il nuovo primo ministro sarà Živković o Stojadinović, mentre lui “non ha alcuna pretesa” per il posto di ministro degli Esteri. Solo il 24 giugno, dopo le otto di sera, dopo la nomina ufficiale, il deputato ha informato tramite telegramma a Roma che Stojadinović era stato eletto primo ministro e capo della diplomazia.

PREPARATO DA:

MILADIN VELJKOVIĆ

(CONTINUA)

Arduino Genovesi

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