Samir Amin: Sulla critica dell’eurocentrismo, 5

XI.

Abbiamo detto che il modello cinese aiuta molto Amin nella valutazione del socialismo esistente e del sistema sovietico. Uno dei suoi saggi si intitola appunto “Trent’anni di critica al sistema sovietico 1960-1990”.

In un primo momento, Amin sembra attenersi alle posizioni di un altro maoista francese, Charles Bettelheim. I termini usati erano “capitalismo di stato” e “cittadinanza”. Ma poi Amin si avvicina alle posizioni di Sweezy per capire di cosa tratta il socialismo sovietico.

Amin mi ricorda Engels. Come già accennato, l’amico e compagno di Marx ha messo in guardia i socialdemocratici tedeschi dal considerare il socialismo come “capitalismo senza capitalisti”. Non si tratta solo dello sviluppo delle forze produttive, soprattutto nella Russia arretrata, appena uscita dalla rivoluzione. Non si tratta solo di un cambiamento, di un aggiustamento, di rattrapage, come dice Amin, uno sforzo, uno sforzo per “colmare il divario” come detta la teoria delle fasi di sviluppo dei paesi cosiddetti sottosviluppati. In questo caso, a causa dell’arretratezza nel padroneggiare il livello di sviluppo industriale e prosperità dei paesi capitalisti sviluppati.

Piuttosto, per usare le parole di Amin, bisogna fare qualcos’altro, di fai un’autre ha scelto. Si tratta di costruire rapporti sociali diversi, pensando che la più grande forza produttiva sia l’uomo stesso, che sia necessario porre fine all’alienazione mercantilista e al rapporto alienato sovietico del processo di produzione-lavoro, ecc.

La distrazione di Stalin (criticata dallo stesso Mao nelle sue note di lettura, “Stalin ignora la politica e le masse, enfatizza solo la tecnologia e l’ingegneria” e “Stalin non guarda l’uomo. Vede le cose, non le “persone”), secondo Amin, era preparata secondo la comprensione di Lenin e la sua famosa definizione era il socialismo “Soviet + elettrificazione del Volga”. Tant’è che dopo la cacciata dei sovietici è rimasta solo l’“elettrificazione”. Inoltre, sempre secondo Amin, Lenin condivideva la percezione dominante nella società borghese della cosiddetta neutralità della scienza e della tecnica.

Sebbene Amin citasse spesso Mao nel suo discorso del 1963 ai funzionari del Partito Comunista Cinese (“Avete costruito una borghesia. Non dimenticatelo; la borghesia non vuole il socialismo, vogliono il capitalismo”), secondo Sweezy, e poi ad Amin stesso, il sistema sovietico non riguarda la borghesia. Perché non c’è accumulazione né proprietà privata. Ma c’è una “nuova classe”, dominante, privilegiata, che controlla la proprietà statale non collettiva dei mezzi di produzione e controlla la distribuzione dei beni. Una nuova classe che riserva l’accesso a beni di consumo privilegiati e sontuosi, molti dei quali importati dall’Occidente esclusivamente a beneficio di questa categoria di classe. Una classe che, per continuare a dominare, ha rapporti clientelari mafiosi con il resto del mondo, il resto del popolo. Come vantaggi blitz e privilegi fugaci che portano all’intossicazione sociale, all’apatia.

Questa dinamica ha portato a una diffusa deideologizzazione e depoliticizzazione di massa del popolo sovietico, come ha notato Lukács in una delle sue ultime interviste nel 1970.

XII.

Per Amin, il socialismo deve essere inteso come una “transizione”, come un lungo processo storico, paragonabile alla lunga transizione e all’emergere del capitalismo, alla sua lunga transizione, al suo emergere. Il capitalismo europeo ha impiegato secoli per raggiungere la sua piena fase, dai precursori della rivoluzione comunale dell’XI secolo al Rinascimento, e in particolare nella transizione mercantilista tra il Rinascimento e l’inizio della rivoluzione industriale, tra il 1500 e il 1800, come suggerisce Amin.

Questa potenziale alternativa socialista deve ora confrontarsi con il nuovo globalismo – la globalizzazione che chiamiamo neoliberismo trionfante e che Amin preferisce chiamare “oligopoli generali” in presenza di potenti oligarchie economiche transnazionali. Come parte della fine

  1. in Occidente, nell’Occidente capitalista, dei compromessi sociali (il “compromesso socialdemocratico”) tra capitale e lavoro, frutto della vittoria sul nazismo e della conquista del potere da parte del movimento operaio e delle forze politiche di sinistra
  2. in Oriente il socialismo esistente e il sistema sovietico
  3. nel sud, con la fine di Bandung-Bandung e il primo “Risveglio del Sud”

La restaurazione del socialismo come transizione su scala globale richiede un “Bandung 2”, un nuovo “Risveglio del Sud”. In vista di un mutato quadro delle condizioni quadro globali, poiché nella nuova globalizzazione totalizzante l’industrializzazione di alcuni paesi, di alcuni cosiddetti paesi emergenti, è sì consentita e promossa, ma sempre come sviluppo dipendente grazie ai “cinque monopoli” (tecnologia, mezzi di comunicazione, controllo delle risorse, finanziamenti, armi di distruzione di massa) Prerogativa dei paesi della cosiddetta “Triade”, l’imperialismo collettivo di USA, Europa e Giappone.

Quindi il concetto di “sviluppo egocentrico” in contrapposizione a “sviluppo rivolto all’esterno” al servizio dello sviluppo dei paesi sovrani diventa nuovamente fondamentale per il Sud del mondo. È la concezione dello sviluppo autonomo che soddisfa i bisogni della nazione e del popolo. Si tratta della produzione di beni per uso domestico e non di beni per l’esportazione (caffè, cacao, soia, mais ecc. per il consumo di stati sovrani, per l’allevamento di carne ecc.).

Per questo occorre il movimento di avanzamento del distacco, della déconnexion, del delinking” (come abbiamo ascritto questa categoria nella traduzione italiana) dalla logica dello sviluppo capitalistico, in cui le regioni devono subire un continuo “aggiustamento strutturale” secondo la volontà dei paesi centrali dominanti.

Questo sviluppo cruciale nella visione di Amin come alternativa al capitalismo reale viene discusso per la prima volta in dettaglio nel libro del 1985 La déconnexion, ma poi anche in Eurocentrismo.

Michalis “Mikis” Mavropoulos

Giacinta Lettiere

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