Uruguay, la “seconda patria” dove Garibaldi si fece massone

Montevideo, 25 novembre (EFE).- Immortalato nel bronzo come il grande eroe del repubblicanesimo che combatté per l’Unità d’Italia, Giuseppe Garibaldi ebbe una “seconda patria” in Uruguay dove, oltre ad imparare a combattere a cavallo, iniziò a Massoneria, secondo i documenti conservati nella Gran Loggia.

“Mio carissimo amico (…) il tuo bel Paese non mi deve nulla, ho svolto debolmente il mio dovere di soldato della libertà e sono orgoglioso del mio titolo di Cittadino della Repubblica.”

Lo esprime una lettera del 1862 indirizzata al settimo presidente uruguaiano, Joaquín Suárez (1843-1828), un garibaldino che, retrospettivamente, descrive questa Repubblica come una “seconda patria” da cui trae preziosi insegnamenti.

DALLA GIOVANE ITALIA ALL’URUGUAY DI GUERRA

Nacido en Niza -ciudad entonces asociada al Piamonte italiano- como hijo y nieto de marineros, Garibaldi (1807-1882) heredó la vocación por surcar las aguas y -recogen sus Memorias- decise presto che aspirava a più di un semplice “difensore” di la patria; voleva combattere “contro la tirannia”, diventare un “eroe”.

Come ha spiegato a EFE lo storico uruguaiano Guido Quintela, che si è subito identificato nel repubblicanesimo come il “sistema dei giusti”, a 26 anni è entrato a far parte della “Joven Italia”, una società segreta indipendentista creata da Giuseppe Mazzini.

“La sua prima missione fu quella di arruolarsi nella marina piemontese e iniziare un ammutinamento rivoluzionario, ma fallì; Fu scoperto e nel giugno del 1834 fu condannato dal re Carlo Alberto (di Sardegna) come nemico dello Stato», racconta Quintela della sentenza per la quale fuggì in Francia e poi in America del Nord, con il Brasile come primo destinazione.

Accolto dai compatrioti, fu marinaio della parte repubblicana nella Guerra degli Stracci (1835-1845) contro l’Impero del Brasile; Ha anche incontrato sua moglie, Anita Ribeiro, dalla quale ha avuto un figlio prima che, secondo lo storico, abbia scelto di andare in “un posto più tranquillo”.

Sarebbe comunque un Uruguay precipitato nella Grande Guerra (1839-1851), il conflitto tra i bianchi di Manuel Oribe, alleati dell’argentino Juan Manuel de Rosas, e i colorados di Fructuoso Rivera che, sostenuti dagli alleati europei, governarono Montevideo assediato.

PASSI MASSONICI

Giunto in Uruguay, come marinaio dalla parte del Colorado, Garibaldi assunse un ruolo chiave nella guerra, essendo al comando della Legione italiana costituita nel 1842; ma, a 180 anni dal suo arrivo nel Paese, è ricordato oggi per molto di più dei suoi atti di guerra.

Fu in Uruguay che il celebre italiano ebbe il suo primo approccio con la Massoneria, poiché lì tenne nel Palazzo Massonico della Gran Loggia della Massoneria dell’Uruguay i registri della sua iniziazione nella loggia principale dell’epoca, la francese “Les Amis de la Patria” nel 1844.

Come indicano fonti della Commissione per i Beni Storici Massonici, Garibaldi entrò dapprima in un’altra loggia, “Asilo de la Virtue”, che risultava nella documentazione come “irregolare”, per la quale la francese “regolarizzò” e formalizzò il suo status di massone.

Secondo il Gran Maestro della Loggia uruguayana, Mario Pera, Garibaldi è una figura “iconica” dell’ordine.

“È già arrivato con una storia, fondamentalmente dal punto di vista militare, ma applicando sempre i principi; Ancor prima di diventare massone (…) aderiva ai valori intrinseci massonici”, assicura, e sottolinea di aver professato molto “l’amore per la libertà”.

“Era un libertario per natura. Amava la libertà e si è concentrato su di essa e ha lottato per essa con tutto se stesso”, osserva.

Per chi costruire un lascito è un pilastro massonico, fonti affermano che in Uruguay sia ancora attiva la Loggia Garibaldi, fondata da italiani nel 1877, anni dopo la loro partenza dal paese, e soggetta alla massoneria uruguaiana sin dal 1881, quando fu nominata a Garibaldi e il primogenito “Venerabile Ad Vitam”, carica onoraria.

IL GRIGIO DI UN PATRIMONIO VIVENTE

“Va solo, davanti alle sue squadre, avvolto nel suo poncho e taciturno”, dice l’italiano Giosué Carducci in una poesia del 1880 raccolta un secolo dopo dalla rivista dell’Associazione Culturale Garibaldina di Montevideo che dipinge la leggenda del soprannome del ricercatore uruguaiano Setembrino Pereda come “eroe dei due mondi”.

“Molte cronache dicono che fosse una persona molto austera, che viveva in povertà”, aggiunge Quintela sulla personalità di chi, racconta, una volta gli davano molti soldi per comprare le candele, altrimenti l’incontro a casa sua sarebbe stato in oscurità, e ha dato il cambiamento.

In ogni caso, anche per il ricercatore e docente, che accosta la sua figura a quella dell’eroe uruguaiano José Artigas, definirlo un eroe è “un po’ eccessivo” ed è necessario “evidenziare le zone d’ombra”, perché, come Artigas, era importante “per l’avvio dei processi” ma non era un leader perfetto.

È che, sottolinea, pur essendo un sostenitore della libertà, era noto anche per le sue manovre di cattura contro navi amiche, che, precisa, erano forse motivate dalla mancanza di mezzi.

Tuttavia, l’eredità sopravvive, perché questo italiano che non si è tolto il poncho al suo ritorno in Europa, è rimasto il simbolo di un leader transcontinentale tra America ed Europa: due mondi che, per lui, erano un unico grande mare.

Alessandro Prieto

Drina Piccio

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