Addio Vialli, beniamino del calcio italiano – Italia – Morte di Gianluca Vialli – 6 gennaio 2023

L’immagine del loro abbraccio dopo l’incoronazione dell’Italia a Euro 2020 rimarrà impressa nella memoria degli italiani. Gianluca Vialli e Roberto Mancini. I gemelli bersaglio. Dalla Sampdoria al Nazionale. Da Wembley 92, dove hanno perso insieme una finale di C1, a Wembley 2021, dove hanno vinto mano nella mano l’Europeo. I due erano inseparabili e questo venerdì 6 gennaio il Mancio e l’Italia intera si svegliano con lividi: è morto Gianluca Vialli, ex attaccante di Samp e Juventus che dal 2018 lottava contro un cancro al pancreas, una delle patologie più aggressive e raramente superabili Malattie tumorali. In una lunga intervista lo scorso anno parlò di questo cancro “Compagno di viaggio senza il quale se la sarebbe cavata benissimo”. Vialli, grande intellettuale e filosofo del calcio, aveva già capito che la malattia non lo avrebbe lasciato e che doveva sperimentare finché era ancora in tempo. Il 14 dicembre, due giorni prima della morte di Siniša Mihajlović, annunciò che avrebbe dovuto cessare le sue attività con il Nazionale per concentrarsi sulla sua battaglia. Quattro settimane dopo, il calcio italiano perde un altro gigante.

Da Cremona a Genova, il grande salto

Alcuni giocatori sono membri del club. Gianluca Vialli ha raggiunto un traguardo ancora più grande: quello del club a tre. Alla Cremonese, dove ha esordito in Serie A, alla Sampdoria, dove ha vinto lo scudetto, e alla Juventus, dove ha vinto la Champions League, il giocatore era venerato, venerato. 113 partite con il Cremona, 328 con la Samp, 145 con la Juve e un totale di più di 200 gol. Una carriera “logica”, una promozione perfetta: prima il club della sua città natale, poi una squadra “media” che sublimerà e raggiungerà traguardi senza precedenti, poi il club davvero grande e infine l’esperienza allo “Stranger”. Ha vinto tutto quello che c’era da vincere, scudetti, coppe e supercoppe, e per finire è uno dei pochi giocatori nella storia ad aver vinto tutte e tre le coppe. Europa: C1 con la Juventus (1996), C2 con Sampdoria (1990) e Chelsea (1998) e C3 con la Juventus (1993).

La Juve mi voleva, ma il presidente Mantovani mi spiegò il progetto della Samp. Per me era chiarissimo: la Juve poteva aspettare.

Come molti bambini italiani nati negli anni ’60 e ’70, Gianluca Vialli ha iniziato daOratorioquesti complessi parrocchiali tipici dell’Italia. “Ho imparato a giocare a calcio con i preti, e per questo sono andato al catechismo”.ha detto in un’intervista a Corriere della Sera. Sebbene provenisse da una famiglia benestante, lasciò rapidamente la scuola per giocare a calcio. Esordisce nelle giovanili al Pizzighettone, poi si trasferisce alla Cremonese per mezzo milione di lire e lì firma il contratto da professionista a 17 anni. “Da bambino ero interista, ma la Cremonese resterà sempre la mia squadra del cuore. » E per una buona ragione: Vialli si è fatto un nome a Cremona. Nella stagione 1983-1984 si distinse sotto la guida di Emiliano Mondonico e contribuì in modo determinante al trionfo stagionale Grigiorossi, che ha vinto la promozione in Serie A. Ma Vialli non offrirà ai suoi tifosi la gioia di una stagione d’élite con la loro maglia. Nell’estate del 1984 si trasferisce alla Sampdoria. “La Juve mi voleva, ma il presidente Mantovani mi ha spiegato il progetto Samp. Per me è stato chiarissimo: la Juve può aspettare”.ha assicurato.

Poiché la sorte è capricciosa, Vialli propone la sfida tra Sampdoria e Cremonese nella prima giornata di Serie A. Vittoria per 1-0, la situazione cambia. A Genova Vialli ha incontrato in particolare Roberto Mancini. Amici a prima vista. “Anche fratelli. Roberto, non posso parlargli da diversi mesi e quando ci vediamo è come se non ci fossimo mai lasciati. Abbiamo condiviso tante cose in campo…” Al termine di quella prima stagione genovese, Vialli alzò il suo primo trofeo: una vittoria in Coppa Italia contro il Milan, con gol in finale. Tanto che Enzo Bearzot lo chiami Nazionale nel novembre 1985. La sua carriera stava decisamente decollando.

L’incubo di Wembley

L’avventura del Genoa è una vera favola per Vialli, che si sta affermando come uno dei migliori giocatori del campionato, in una Serie A che vede protagonisti Diego Maradona, Michel Platini e Zico. “Questa Samp è pian piano cresciuta. Prima la Coppa Italia. Poi la finale della Coppa delle Coppe è andata persa. Poi è stata vinta la finale della Coppa delle Coppe. E poi il 1991, l’anno dell’exploit. » L’impresa è ovviamente questo scudetto, vinto dalla Sampdoria davanti a Inter e Milan di Sacchi. Vialli e Mancini, i gemelli bersaglio, scrivono i loro nomi nella leggenda. Vialli è il capocannoniere della Serie A con 19 pedine, Mancini ne segna 12. “Tutta l’Italia era con noiha detto dalle colonne il portiere Gianluca Pagliuca Quindi piede. Giocavamo insieme da circa dieci anni, eravamo una squadra molto popolare, il piccolo contro il grande, e tutti volevano che alla fine vincesse il piccolo. E poi molti di noi si sono rifiutati di andare, e la gente lo sapeva. Agli italiani piaceva questa lealtà. »

Barça-Samp? Per quattro anni ho rigiocato a questo gioco nei miei incubi.

L’anno successivo la Sampdoria raggiunse la finale di Champions League contro il Barça. Forse il rammarico più grande della carriera di Vialli, che si era dimostrato mostruoso durante tutta la competizione. Ma quel giorno allo stadio di Wembley sbagliò due grandi occasioni: nella prima tirò pochi metri sopra la porta; Nella ripresa inganna Zubizarreta con un piccolo tuffo, ma la palla finisce a un millimetro dal palo. Crudele l’epilogo: gol di Koeman ai supplementari e vittoria del Barça. “Per quattro anni ho rigiocato questo gioco nei miei incubi”ha assicurato Vialli, passato direttamente alla Juve.

Un appuntamento quasi mancato con la Nazionale

Sarà la Juventus la consacrazione definitiva per Vialli, che si consola della C1 perduta vincendo la Coppa Uefa alla sua prima stagione a Torino. Dopo anni di divertimento con Mancini, Vialli ora fiorisce al fianco di Roberto Baggio, Fabrizio Ravanelli e Alessandro Del Piero, sotto la guida di Marcello Lippi, arrivato nell’estate del 1994 e che definisce Vialli tale “il suo Messia”. La Juve, campione d’Italia nel 1995, raggiunse la finale di Champions League 1996 contro l’Ajax. Per Vialli è la seconda possibilità di vincere la Big Ears Cup, quattro anni dopo Wembley. Punteggio finale 1:1, la partita si deciderà ai rigori. La Juve vince dopo soli quattro tiri in porta… per la gioia di Vialli, quinto marcatore ufficiale. “Per me è stato un sollievo immenso(non dovendo girare, ndr). La partita era all’Olimpico, e su quel campo avevo già tirato due rigori: una volta contro la Roma sbagliai e mi fratturai un piede tirando, e un’altra fallì anche contro gli Usa ai Mondiali del 1990. Sapevo che era la mia ultima possibilità di vincere la Champions. E allora figuratevi se dovessi tirare io l’ultimo tiro in porta in tutto questo…”

Ogni Mondiale ha una stella splendente, qui Totò Schillaci, e una stella cadente, qui io. Mi è successo di tutto: polpaccio, coscia, bronchite… ho potuto giocare solo due partite e mezzo, è stato terribilmente frustrante.

Ehi, i Mondiali del 1990… Un ricordo misto per Vialli, che era con quello Nazionale, non avrà conosciuto le gioie vissute nel club, proprio quando questo Mondiale casalingo si è concluso con la semifinale contro l’Argentina. Vialli: “Ogni Mondiale ha una stella splendente, qui Totò Schillaci, e una stella cadente, qui io. Mi è successo di tutto: polpaccio, coscia, bronchite… ho potuto giocare solo due partite e mezzo, è stato terribilmente frustrante. » Finalmente il suo torneo di riferimento con il Azzurri Non resta che il Campionato Europeo del 1988, che si concluse nuovamente in semifinale. Non abbastanza per un giocatore di questo calibro che giocò la sua ultima partita in nazionale nel 1992, quando aveva appena 28 anni. Nel 1994, ai tempi del Mondiale americano, è all’apice della carriera con la Juventus ma rifiuta la convocazione di Arrigo Sacchi. “Con Sacchi è stato uno scontro di personalità. Con lui non c’era equilibrio tra tensione e calma. Mi espulse dalla squadra nel 1992, convinto che i miei dubbi avrebbero creato energia negativa nel gruppo; e aveva ragione. Ho sbagliato a rifiutare quando mi ha richiamato due volte, prima e dopo il Mondiale del 1994. Ero sensibile. La maglia azzurra non si può mai rifiutare. »

Leader degli uomini

Nel 1996, con la Champions League in mano, l’allora 32enne Vialli lasciò il club per concludere la sua carriera in Inghilterra, al Chelsea. Dove ha ancora tempo per vincere una Coppa delle Coppe (1998) e una Supercoppa UEFA (1998), quarto e quinto trofeo europeo della sua carriera. Al Chelsea sperimenta anche il ruolo di giocatore-allenatore, in sostituzione di Ruud Gullit, esonerato nel febbraio 1998. La sua carriera da allenatore fu brevissima ma coronata da successi: in tre stagioni sulla panchina del Chelsea, dal 1998 al 2000, vinse cinque trofei, mentre il Chelsea non vinceva nulla dal 1970. Non intraprende però la carriera da allenatore e, dopo una breve esperienza di un anno al Watford (2001-2002), rinuncia per intraprendere una brillante carriera come consulente di Sky Sport.

Non vorrai mai ferire le persone che ti amano: i miei genitori, i miei fratelli e mia sorella, mia moglie Cathryn, le nostre figlie Olivia e Sofia. E provi un senso di vergogna, come se quello che ti è successo fosse colpa tua. Andavo sempre in giro con un maglione sotto la maglietta perché gli altri non se ne accorgessero ed ero sempre il Vialli che conoscevano…

Nel 2018 Gianluca Vialli ha rivelato la sua malattia con grande modestia e coraggio. “Sapevo che era duro e difficile dirlo agli altri, alla mia famiglia. Non vorrai mai ferire le persone che ti amano: i miei genitori, i miei fratelli e mia sorella, mia moglie Cathryn, le nostre figlie Olivia e Sofia. E provi un senso di vergogna, come se quello che ti è successo fosse colpa tua. Andavo sempre in giro con un maglione sotto la maglietta perché gli altri non se ne accorgessero ed ero sempre il Vialli che conoscevano…” Un anno dopo, nel 2019, entra nella federazione italiana come capodelegazione della Nazionale, allenata dall’eterno amico Roberto Mancini. Ha contribuito alla vittoria dell’Italia a Euro 2020 e ha giocato un ruolo da protagonista nello spogliatoio. Parla regolarmente con i giocatori, li ascolta e li motiva leggendo loro brani dei suoi libri preferiti. Prima della finale contro gli inglesi, Vialli ha declamato chiaramente L’uomo nell’arena, estratto da un famoso discorso di Theodore Roosevelt del 23 aprile 1910. E quando Gigio Donnarumma blocchi l’ultimo tiro in porta di Bukayo Saka, Vialli cadde tra le braccia di Mancini. Un abbraccio eterno in cui si sono mescolate delusioni e gioie, sorrisi e lacrime, il Mondiale del 1990 e Wembley 1992, lo Scudetto del 1991 e questo Europeo del 2020. Mille istanti di una vita, quella di un uomo che rimarrà un esempio per tutti coloro che lo hanno incrociato. Addio, grande Luca.

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Casimiro Napolitani

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